
Buenos Aires: 24 MARZO 2025, il giorno della memoria e della giustizia per i desaparecidos

Buenos Aires: 24 MARZO 2025, il giorno della memoria e della giustizia per i desaparecidos
L’Argentina ricorda gli orrori della dittatura, in Plaza de Mayo 500.000 persone.
Il popolo vuole conoscere la verità e denuncia l’austerità del governo Milei.
Vivere una città è sentirla muoversi nei suoi immensi spazi, è vederla mentre si colora di azzurro, poi di rosso; è lasciarsi accarezzare, rendersi conto di farne parte ed essere, insieme, marea.
In questa idea di costante movimento, la città è come la pietra che, lanciata nel fiume, genera onde concentriche con il suo impatto.
E questo 24 marzo, la pietra fondante che struttura la storia delle sue lotte è questa città che ci è così vicina, che si perde nel verde e che ci avvolge: Buenos Aires, 49 anni dopo il colpo di stato che ha dato origine all’ultima dittatura civico-militare-ecclesiastica (1976-1983).
Sono 30.400 lə desaparecidəs, di cui cinquecento sono bambinə derubati alla nascita durante la prigionia delle loro madri (quasi sempre dopo l’omicidio delle stesse).
Nell’instancabile ricerca della verità e giustizia, di questi cinquecento, centotrentanove sono i casi risolti, l’ultimo dei quali risale a due mesi fa.
Tuttavia, “son 30.000” non è un dato statistico.
La cifra è uno slogan e un luogo di memoria.
Un numero che è stato costituito per rendere conto e significare l'azione clandestina e terroristica dello Stato.
Una cifra simbolica che ha come storia la lotta contro l’impunità.
Una storia dell'incertezza che vivono, ancora oggi, i parenti degli scomparsi di fronte alla clandestinità con cui ha agito lo Stato.
La cifra mostra e rivela la clandestinità; esprime l'impunità dei genocida che non hanno mai parlato o consegnato documentazione veritiera sugli omicidi e le sparizioni che hanno eseguito.
Rende conto di una cifra aperta che la giustizia deve corroborare o respingere.
Impone ai governanti la responsabilità di garantire che i crimini contro l'umanità commessi in questo territorio contro i loro cittadini non rimangano impuniti.
30.000 è uno slogan sostenuto da coloro che hanno combattuto e lottano per la memoria dei morti e contro il silenzio di uno stato dittatoriale.
È anche un luogo di lutto di fronte all'assenza dei corpi.
Uno spazio di nuove lotte e visibilità, come quando questa cifra viene ampliata a 30.400 per incorporare nella memoria collettiva le torture e le sparizioni della comunità LGBT.
Il grido incessante “30.000 compañeros detenidos desaparecidos presentes, ahora y siempre” è un eco che ti travolge, che continua a vivere nel presente, in ogni luogo, in ogni memoria.
Nel centro di Plaza de Mayo, Elia Espen (93 anni), una delle ultime madri della “Linea Fundadora” - il cui figlio Hugo scomparve il 18 febbraio 1977 - si rivolge alla moltitudine di voci che avvolgono ogni angolo della piazza:
“Basta domiciliari per i genocida.
Che si aprano gli archivi di Stato dal 1974 al 1983 per poter avanzare con le indagini sui responsabili di questi crimini.
Continuiamo a pretendere che ci dicano dove sono (“Donde están?”)”.
La lotta di questa moltitudine di voci (in piazza si sono ritrovati quasi mezzo milione di argentini) è una lotta contro un sistema di potere che, dal dopoguerra fino ai primi anni ’90, si vide coinvolto nel cosiddetto “Piano Condor”: una operazione di cooperazione clandestina orchestrata dagli Stati Uniti, di stampo economico-militare, che consisteva nel condividere informazioni con il fine di eliminare nemici politici di sinistra, membri di gruppi armati, giornalisti, docenti, studenti, militanti, sindacalisti, attivisti.
Detenuti, torturati e fatti sparire.
Nel quadro più ampio della Guerra fredda, l’operazione Condor, ispirata alla Dottrina della sicurezza nazionale statunitense, fu un modo di influenzare, ad ogni costo, le dittature latinoamericane nella lotta contro il comunismo.
Ma è anche una lotta contro un potere (quello argentino, in questo caso) che, da quando si è insediato il nuovo governo neoliberale di Javier Milei, ha optato per uno smantellamento dei programmi di welfare, per la riduzione del ruolo dello Stato e ha dato via libera a liberalizzazioni, deregolamentazioni e privatizzazioni.
Misure che potrebbero compromettere le potenzialità di crescita nel medio periodo, rendendo altamente probabile un aumento della disuguaglianza.
Il 24 marzo è un giorno di lotta che lega passato e presente, un giorno di lotta in cui la memoria, la verità e la giustizia sono l’anima di questa città che vive e ti fa vivere.