
L’Italia alza la testa contro il riarmo in 100.000 contro i piani di guerra Ue

L’Italia alza la testa contro il riarmo: in 100.000 contro i piani di guerra Ue
Conte alla manifestazione contro il riarmo: “Se non la ferma l’Europa, sarà la guerra a distruggere l’Europa”
“No al riarmo, gli italiani vogliono la pace, lo senti nelle piazze, lo senti per le strade”. Questo il grido unito di chi è sceso nelle vie di Roma, circa 100.000 persone, per manifestare il proprio dissenso allo stanziamento di ben 800 miliardi per riarmare l’Europa al fine di realizzare la piena prontezza entro il 2030.
Non è stata una manifestazione di partito, tantissimi di coloro che erano presenti non appartenevano al Movimento 5 stelle, altre le bandiere tra cui Rifondazione comunista, Confederazione Unitaria di Base, Pace Terra Dignità. Inoltre tantissimi i cittadini e le famiglie non appartenenti né simpatizzanti di un gruppo politico o sindacale, presenti per dire “no al riarmo, no alla guerra” e ribadire che i potenti e il nostro governo “stanno preparando un massacro per i nostri figli e noi diciamo no!”
Tra i cartelli dei manifestanti spiccano quelli contro il governo, come “Mettete i meloni nei vostri cannoni” e quelli più pacifisti, come “No war” e “Fermate le armi”.
Tantissime le bandiere della pace e molte quelle della Palestina, anche questa un’occasione per dire stop al genocidio che Israele sta effettuando contro i palestinesi: “Uccidono le donne, uccidono i bambini, Israele assassini!”
Un genocidio che lo Stato Italiano non ha nemmeno provato a fermare! E anche in questo caso il governo non si opporrà alla follia del riarmo europeo: l’UE preferisce investire in armi per una difesa suicida contro la Russia, piuttosto che investire nell’educazione e nella sanità. Ma parte del popolo italiano considera necessaria la diplomazia, piuttosto che la logica del riarmo, per evitare una guerra.
“Il 5 aprile è la Giornata mondiale della coscienza, indetta dalle Nazioni Unite nel 2019, con il fine di promuovere nella comunità internazionale un percorso di pace, di dialogo, di inclusione e di tolleranza, quello che però non sta accadendo. C’è una crisi della coscienza europea, dopo tre anni ci ritroviamo con dei governanti che stanno distruggendo i nostri principi, i valori europei e della nostra Costituzione sotto un cumulo di falsità.” Con queste parole, Giuseppe Conte ha aperto il suo intervento durante la manifestazione che ha visto circa 100.000 persone sfilare da Piazza Vittorio Emanuele ai Fori Imperiali a Roma.
Il leader del Movimento 5 Stelle ha subito puntato il dito contro l'assenza di percorsi diplomatici nel conflitto russo-ucraino, denunciando un’illusione collettiva: “Nessun negoziato, nessuno sforzo diplomatico. Sono convinti di poter battere la prima potenza nucleare al mondo, dopo aver previsto il crollo dell’economia russa e un cambio di regime che non è mai avvenuto”.
Ma il cuore della denuncia di Conte è stato il nuovo corso dell’Unione Europea, sempre più orientato alla militarizzazione. La Commissione europea guarda più alle azioni delle multinazionali delle armi che agli interessi dei cittadini. Invece di rafforzare il modello sociale europeo — sanità, scuola, lavoro — si usano i fondi di coesione per produrre armi e proiettili. Insomma, da welfare a warfare è un attimo.
Secondo l'ex premier, il piano di riarmo sottoscritto da Giorgia Meloni il 6 marzo a Bruxelles — senza alcun mandato parlamentare — rischia di favorire solo i Paesi con maggiore forza economica, come la Germania, che sta riconvertendo la propria industria per la produzione bellica. Un processo che, ha avvertito, non sarà reversibile: “Quando tra tre o quattro anni il piano sarà attuato, non potrai più tornare indietro”. Un rischio ancora più inquietante, se si considera che in Germania l’estrema destra di AfD, oggi al 22% nei sondaggi, potrebbe andare al governo e decidere di usarle davvero.
Conte ha descritto l’Italia come un Paese in ginocchio: “Ventiquattro mesi consecutivi di tracollo industriale, una sanità a pezzi, stipendi tra i più bassi d’Europa. E la risposta sarebbe spendere miliardi per i missili?”. Poi l’affondo: “Meloni ha svenduto il Paese per compiacere banche e industrie belliche, preparando così il suo futuro post-politico.”
Anche sul doppio standard dell’Occidente, Conte non ha risparmiato critiche, evidenziando come l’Europa si schieri con Kiev per difendere la sua integrità territoriale, ma quando si parla di Gaza, si gira dall’altra parte e stringe la mano ai criminali del governo israeliano mentre è in corso un genocidio.
Sulle recenti misure del governo sul fronte interno, riferendosi al contestato decreto legge 1660 sulla sicurezza, che restringe ulteriormente gli spazi della protesta pubblica, il leader M5S ha così espresso il suo disappunto: “Questo governo ha paura della democrazia e sta approvando norme per reprimere il dissenso e le manifestazioni pacifiche.”
Conte ha chiuso il suo intervento con un monito forte e chiaro: “È l’Europa che deve fermare questa guerra, altrimenti sarà la guerra stessa a distruggere l’Europa. No al riarmo, no al riarmo, no al riarmo!”
La guerra spiegata ai cretini (che siamo noi) - l’intervento di Marco Travaglio

Dal palco dei Fori Imperiali è intervenuto anche il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, che ha ripercorso con fermezza e ironia il processo italiano ed europeo che ci ha portato fino a questo insensato riarmo per essere pronti a difenderci in caso di attacco da parte di Mosca.
“Quanti pacifinti putiniani - ha esordito il giornalista - lo sapete i veri putiniani sono quelli che vogliono continuare la guerra, lasciandola finire a chi la sta vincendo. I veri amici dell’Ucraina sono quelli che vogliono il negoziato per interromperla, prima che sia troppo tardi ”. E ha aggiunto come la sua intenzione su quel palco sia elencare le “balle che ci hanno raccontato”.
Nel suo discorso ha evidenziato come i governi dell’Occidente si siano sempre dimenticati di raccontare una parte della storia: il fatto che prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia vi fosse già una guerra civile che durava da ben 8 anni; il fatto che si parli sempre di un aggressore (la Russia) e un aggredito (l’Ucraina), ma che ci si dimentichi di un terzo attore, un secondo aggressore: “Stati Uniti e NATO, che hanno usato l’Ucraina come una testa di ariete per provocare un’invasione che desideravano da 20 anni”.
"Ci hanno detto - ha poi continuato - che c’è l’impero del male contro l’impero del bene. Solo che l’impero del bene ha fatto più morti dell’impero del male. L’impero del male non si è mai allargato a ovest, mentre l’impero del bene si è allargato a est passando da 16 a 32 stati membri della Nato”.
I nostri governi europei hanno sempre affermato come l’Ucraina fosse a un passo dalla vittoria e che Mosca sarebbe andata in default in pochi giorni dall'inizio della guerra, ma dal 2022 “stiamo ancora aspettando”. “Però siccome la Russia sta perdendo da tre anni contro un esercito, adesso vuole invadere l’Europa, per ritrovarsi contro i 32 stati della Nato” ha aggiunto, imitando ironicamente la propaganda europea.
Adesso che gli Stati Uniti d’America hanno lasciato il campo di battaglia e Trump sta negoziando con Putin, è l’Europa “a dover raccogliere i cocci e a pagare i danni”, sì, perchè “gli americani vanno in giro per il mondo a izzare i popoli e a fare le guerre, ma poi, alla prima difficoltà, scappano”.
“La Nato non ci protegge più” afferma Travaglio, ricordando le parole dei nostri politici europei, e si chiede quando è stata abolita l’Alleanza “avete visto andarsene i soldati americani e le testate nucleari dalla basi Nato in Italia e in Europa?”
Non è mancato il riferimento a ciò che sta succedendo a Gaza e di come l’Occidente usi due pesi e due misure: “Ci hanno detto che la guerra finisce solo quando i russi si ritirano dai territori occupati; sono gli stessi che non hanno il coraggio di dire a Netanyahu che la guerra in Medio Oriente finisce quando Israele si ritira dai territori occupati. Glielo devono dire da 48 anni”.
Marco Travaglio ha spiegato come la politica ci abbia abituato gradualmente alla guerra e di come l’Occidente abbia imposto delle "linee rosse” che il giorno successivo sistematicamente venivano superate. “Tre anni fa ci dicevano: niente armi all'Ucraina, solo aiuti umanitari e civili. Poi sì alle armi, ma solo leggere e difensive per aiutare l'Ucraina a difendersi durante il negoziato di Istanbul. Poi l'Ucraina se n'è andata dal negoziato di Istanbul, e ci hanno detto: armi pesanti offensive anche con uranio impoverito e bombe a grappolo per aiutare l'Ucraina a sconfiggere la Russia”. “Poi ci hanno detto - ha continuato - caccia F16 e missili a lungo raggio ma da usare solo sul suolo ucraino. Poi anche per attaccare in Russia ma solo vicino al confine ucraino, e poi anche per attaccare in Russia in profondità, anche fino a Mosca e oltre”. Fino ad arrivare agli ultimi passi, ossia l’invio di truppe in Ucraina e il riarmo europeo.
A coloro che affermano che la pace tra Mosca e Kiev non sarebbe giusta, il giornalista ha risposto: “Le paci dipendono da come sono finite le guerre, di solito le guerre non le vincono i più buoni o più giusti, le vincono i più forti, purtroppo”. E di conseguenza, anche il piano di riarmo europeo, che la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha voluto definire “Prontezza”, sarebbe da “scemi di guerra” ha aggiunto.
A conclusione del suo intervento ha asserito: “Lo diceva Abraham Lincoln: potrete ingannare qualcuno per sempre, potrete ingannare tutti per un po’, ma non potrete mai ingannare tutti per sempre”.
Rearm Europe, il libro bianco della difesa. Un futuro sinistro programmato dall’Europa

Mentre la nuova amministrazione statunitense di Donald Trump tenta di riprendere i rapporti diplomatici con la Federazione Russa, il vecchio continente sta adottando una retorica belligerante autolesionista che lo sta chiudendo ad ogni possibilità di un ripristino delle relazioni bilaterali con Mosca.
Giovedì scorso il Parlamento europeo, con 399 sì, 198 no e 71 astenuti, ha approvato la risoluzione sulla relazione sulla politica di sicurezza e di difesa comune dell’Unione Europea.
In particolare nel testo, sulla questione dell’Ucraina viene ribadito il sostegno nei confronti del Paese “di fronte alla guerra di aggressione della Russia e alla fornitura in tempo utile di tutti i mezzi militari necessari all’Ucraina per difendersi, respingere le forze armate russe e ausiliarie, porre fine al conflitto, proteggere la sua sovranità e ripristinare la sua integrità territoriale entro i confini riconosciuti a livello internazionale”.
Come se ciò non bastasse, il testo “invita gli Stati membri a revocare tutte le restrizioni che impediscono all’Ucraina di utilizzare sistemi d’arma occidentali contro obiettivi militari legittimi in territorio russo, conformemente al diritto internazionale”.
Un assunto, quest’ultimo, che entra in aperta violazione con la dottrina nucleare russa, presentata da Vladimir Putin a novembre 2024, dove il Cremlino ha ridefinito i criteri per l'uso del deterrente nucleare, includendo non solo attacchi diretti con armi atomiche, ma anche aggressioni convenzionali sostenute da potenze nucleari, che verrebbero interpretate come un attacco congiunto.
Lottare per ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina significa adoperarsi per continuare la guerra ad ogni costo, portando avanti un’ecatombe insensata che può solo rispondere agli interessi dell’industria bellica mondiale.
Basti considerare che l’ultimo rapporto del Royal United Services Institute (RUSI) ha evidenziato che Mosca è riuscita a superare la NATO nella produzione di equipaggiamenti militari nel 2022-2024, il che rappresenta una "minaccia strategica" per l'Occidente e un "rischio catastrofico" per l'Ucraina.
Nessuno sforzo viene fatto per eliminare le cause sistemiche del conflitto che coinvolgono il crescente espansionismo ad Est dell’Alleanza. Un’evidenza ammessa anche dall’ex segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, alla Commissione Affari Esteri del parlamento Europeo nel settembre 2023, dove ha raccontato che, nell'autunno 2021, Putin aveva cercato di stabilire un dialogo con la Nato per evitare l'invasione dell'Ucraina. “Voleva che rimuovessimo le nostre infrastrutture militari in tutti i Paesi alleati che hanno aderito alla Nato dal 1997, vale a dire metà della Nato, tutta l'Europa centrale e orientale; avremmo dovuto rimuovere la Nato da quella parte della nostra Alleanza, introducendo una sorta di membership B о di membership di seconda classe. L'abbiamo rifiutato. Quindi è andato in guerra per impedire che la Nato, ancora la Nato, si avvicinasse ai suoi confini", affermò Stoltemberg.
Ed ecco che l’Europa, vittima del paradosso della sicurezza comune denominatore di tutte le guerre, si butta sul riarmo con la suicidale ambizione di rappresentare un rischio sistemico per la Russia, soprattutto se in un prossimo futuro una nuova amministrazione Usa dovesse tornare a ripercorrere le orme di un approccio guerrafondaio.
I presupposti del piano Rearm Europe da 800 miliardi di euro, approvato dal Consiglio Europeo nella riunione del 20 e del 21 marzo, sono stati delineati nel cosiddetto “libro bianco della Difesa”.
Nel documento si legge che la Russia “rappresenta una minaccia fondamentale per la sicurezza europea” e che se le “verrà consentito di raggiungere i suoi obiettivi in Ucraina, la sua ambizione territoriale si estenderà oltre”.
Parte da questo assunto propagandistico l’idea di investire gli 800 miliardi di dollari in sistemi integrati e multistrato di difesa aerea e missilistica, in sistemi di artiglieria avanzati, inclusa l’artiglieria moderna e missili a lungo raggio, “per garantire precisione e capacità di attacco a distanze significative”. Si menzionano inoltre i sistemi senza pilota, sia aerei che terrestri, navali e sottomarini, operabili in remoto o in modalità autonoma e tecnologie avanzate come l'intelligenza artificiale, l'informatica quantistica, la guerra cibernetica e la guerra elettronica, per proteggere e sfruttare lo spettro elettromagnetico.
Un arsenale che dovrà garantire al vecchio continente la “piena prontezza” entro il 2030 e che sarà diretto ad armare l’Ucraina secondo la “Strategia del Porcospino”, con l’obiettivo di raggiungere quota “2 milioni di proiettili all’anno”, sostenendo lo sviluppo della capacità produttiva del Paese, anche attraverso joint venture tra industrie europee e ucraine.
Per rendere la popolazione conciliante con l’approssimarsi della guerra totale, l’UE non ha mancato di varare un piano per i cittadini, al fine di predisporli alle crisi future, promuovendo scorte essenziali per 72 ore e una cultura della "preparazione integrata". Il programma include 30 azioni chiave, come esercitazioni congiunte e cooperazione civile-militare, oltre a investimenti nella difesa e nella resilienza. L'obiettivo è rispondere a minacce come calamità naturali, cyberattacchi e conflitti, coinvolgendo anche il settore privato e partner come la NATO. L’UE punta alla piena prontezza entro il 2030, trasformando la quotidianità in un "campo di battaglia" preventivo.