‘Ndrangheta, politica e servizi segreti
Lo scorso Dicembre la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza ‘Ndrangheta stragista, che dopo anni di indagini e di processi era riuscita a condannare all’ergastolo i boss Giuseppe Graviano (Cosa nostra) e Rocco Santo Filippone (‘Ndrangheta) come mandanti degli attentati del ’93-’94, in cui vennero uccisi Antonino Fava e Vincenzo Garofalo. Il processo dovrà essere rifatto di fronte ad un’altra sezione della Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria.
L’accusa nei primi due gradi di giudizio era stata rappresentata dal procuratore aggiunto di Reggio Giuseppe Lombardo, dal sostituto Walter Ignazitto e dai magistrati della DDA.
Quella della Cassazione sembra una decisione che vuole riscrivere la storia delle stragi, cancellando fatti, riscontri e testimonianze e stendendo un velo di impunità sulle complicità istituzionali e politiche con la mafia.
Un tentativo che si inserisce a pieno titolo nel gravissimo clima di revisionismo storico che stiamo vivendo nel nostro Paese, alimentato e guidato dall’attuale Governo, in cui si legalizza la criminalità di Stato e la corruzione sistemica.
In effetti, il processo di primo e di secondo grado aveva fatto emergere verità inquietanti e troppo scomode sulla nascita della Seconda Repubblica, sul coinvolgimento di apparati esterni alla mafia nelle stragi del ’92-’93 e sulle vicinanze e connivenze di forze politiche attualmente al Governo.
Migliaia di pagine di sentenze avevano confermato l’unione di Cosa nostra, ‘Ndrangheta e Camorra nell’organizzazione delle stragi; i rapporti compenetranti e la partecipazione attiva nelle stragi di componenti della massoneria deviata e della destra eversiva; la complicità di figure ibride appartenenti ai servizi segreti e al mondo politico ed istituzionale.
Nelle sentenze si parlava di “sistema criminale integrato” che agì per la “destabilizzazione del nostro Paese”, in un’epoca (gli anni ’90) in cui era necessario attuare un profondo cambiamento politico, economico e sociale in Italia.
Giuseppe Lombardo
Era emerso che nel periodo delle stragi la mafia stava individuando nuovi interlocutori politici, più affidabili della Democrazia Cristiana, in grado di garantire gli equilibri di potere che stavano cambiando anche a livello internazionale. Questi interlocutori vennero identificati nel neo partito Forza Italia, di Silvio Berlusconi, in cui conversero i voti di Cosa nostra siciliana, della ‘Ndrangheta e anche, come emergeva dal processo, di componenti della massoneria deviata.
Ricostruzioni complottistiche? “Antimafia della fuffa”?
No. Non per chi ha letto i fatti, i documenti, i riscontri, le testimonianze e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, contenuti in migliaia di pagine di sentenze.
Non per chi sa collegare gli avvenimenti e collocare quello che è successo nel nostro Paese in un contesto più ampio.
Non per chi ha assistito ad udienze, assistendo all’omertà di Stato, al negazionismo istituzionale e politico di fronte all’evidenza della storia e ad un assordante silenzio mediatico.
Aspetteremo di leggere le motivazioni della sentenza per comprendere gli elementi su cui si è basata la Cassazione e per pubblicare un’informazione approfondita che confronti quelle motivazioni con le ricostruzioni dei primi due gradi di giudizio.
Sicuramente, noi non dimenticheremo i fatti inquietanti che abbiamo letto, studiato e ascoltato. Continueremo a raccontarli, affinché si continuino a conoscere e denunciare le responsabilità, prima di tutto politiche, di chi ha tradito la nostra Costituzione e il nostro Paese.
Foto © Imagoeconomica