
Terzo anniversario della guerra in Ucraina che l’Occidente volle perseguire

Terzo anniversario della guerra in Ucraina che l’Occidente volle perseguire
Trump scarica Zelensky mentre l’Europa si prepara al riarmo
1095 giorni di guerra: un'eternità di sangue e distruzione. Tre anni di orrore vissuto nelle trincee, nelle steppe e tra le macerie delle città, mentre nei cieli ronzano implacabili i droni kamikaze. Un incubo senza fine per chi lo subisce, ma non ancora abbastanza per i burattinai della guerra seduti ai vertici europei.
La presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, ha dichiarato al G7: "Investire nella sovranità dell’Ucraina significa investire nella prevenzione di guerre future". E ha rincarato la dose, proclamando che "una pace giusta e duratura può arrivare solo con la forza". Una visione che non lascia spazio ad altro che alla prosecuzione del massacro.
Dello stesso parere è Antonio Costa, presidente del Consiglio Europeo, che in visita a Kiev ha ribadito che solo l’Ucraina può decidere quando sarà il momento di sedersi al tavolo delle trattative. Nel frattempo, il presidente Volodymyr Zelensky, sempre più isolato, ha respinto le pressioni di Washington per una sua uscita di scena, dichiarando che si dimetterà solo quando l’Ucraina entrerà nella NATO. Una prospettiva irrealistica, che di fatto prolunga la carneficina.
Anche i vertici militari ucraini iniziano a lanciare allarmi. Kyrylo Budanov, capo dei servizi segreti, avverte che se la guerra si trascinerà oltre l’estate, si innescheranno "processi molto pericolosi per l’esistenza stessa del Paese". E persino il segretario generale della NATO, Mark Rutte, ha dovuto ammettere che l’Ucraina non è in grado di negoziare da una posizione di forza e che, nel frattempo, la Russia in tre mesi produce armamenti quanto l’intera NATO in un anno.
Eppure, i nostri leader europei, sordi a ogni evidenza, insistono nel proseguire il conflitto a ogni costo. Il risultato? Ancora massacri, ancora distruzione, ancora territori ucraini che cadranno sotto il controllo russo. Un delirio bellico alimentato non solo dall’ottusità di chi ci governa, ma soprattutto dalla loro cieca obbedienza agli interessi del complesso militare-industriale, che esulta per l’ennesima pioggia di miliardi destinati agli armamenti, mentre si spiana la strada verso il 3% del PIL investito nella guerra.
Sia chiaro: l’invasione russa dell’Ucraina è stata un’aggressione criminale. Ma altrettanto criminale è stata la volontà occidentale di fomentare questa guerra e poi trincerarsi dietro il paravento della libertà e della democrazia. Questa guerra si poteva evitare. Si poteva fermare fin dal principio.
L’Occidente ha giocato con il fuoco, ignorando deliberatamente i segnali di Mosca. La NATO, che secondo un documento pubblicato dal Der Spiegel avrebbe dovuto arrestare la sua espansione nel 1990, ha invece continuato ad avanzare fino ai confini russi, rendendo l’Ucraina il prossimo bersaglio. Dal 2008, con il vertice di Bucarest, l’Alleanza Atlantica ha lavorato per inglobare Kiev, una prospettiva che Mosca ha sempre considerato una minaccia esistenziale.
E l’Occidente non si è fermato. Nel 2019, la Rand Corporation, think tank del Pentagono, pubblicava il rapporto "Sovraestendere e sbilanciare la Russia", un manuale su come strangolare Mosca: sanzioni economiche, rivolte in Bielorussia, supporto ai ribelli siriani, espansione del gas liquefatto USA per tagliare fuori Gazprom e, ovviamente, forniture militari all’Ucraina. Non era una semplice strategia: era una dichiarazione di guerra.
Nel frattempo, mentre Zelensky firmava accordi di partenariato strategico con la NATO, la CIA costruiva 12 basi ai confini russi per operazioni segrete. Mosca rispondeva con un ultimo tentativo diplomatico: nel dicembre 2021 Putin chiedeva garanzie scritte che l’Ucraina non sarebbe mai entrata nella NATO. Ma la risposta dell’Occidente fu netta: "Non ci sarà alcun cambiamento". E un mese dopo, l’invasione aveva inizio.
Tre anni di sangue e macerie dopo, persino il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha dovuto ammettere che Putin ha attaccato "per impedire che la NATO si avvicinasse ai suoi confini". Ma la verità era chiara già da marzo 2022, quando si poteva fermare tutto. A Istanbul, Russia e Ucraina erano vicinissime a un accordo: Kiev avrebbe mantenuto la sua neutralità, rinunciando alla NATO, ma mantenendo la porta aperta per l’Unione Europea. Mosca avrebbe accettato garanzie di sicurezza multilaterali e negoziati sulla Crimea. Era una soluzione. Ma Boris Johnson volò a Kiev e ordinò a Zelensky: "Non firmare nulla". E la guerra continuò.
Ora, con centinaia di migliaia di morti e i russi in avanzata, l’Occidente non smette di invocare un’inesistente vittoria finale, un’altra illusione utile solo a tenere in piedi gli arsenali e a ingrassare i profitti delle industrie belliche. Il prezzo? Altri anni di sangue, altre vite spezzate, altri territori perduti. Il massacro continua, mentre i mercati finanziari del settore militare brindano sulla pelle dei popoli.
Il piano di Trump: evitare la Terza guerra Mondiale
Lo scontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky si è fatto sempre più acceso negli ultimi giorni, culminato nella lite di venerdì allo Studio Ovale: nella conferenza stampa alla Casa Bianca, il tycoon, assieme al suo Vice J.D. Vance, hanno pesantemente ripreso il leader ucraino rispetto alla sua posizione irremovibile nei confronti di un cessate il fuoco. “State giocando d’azzardo con la vita di milioni di persone. State giocando d’azzardo con la Terza Guerra Mondiale”, ha gridato il miliardario americano ad uno Zelensky ostinatamente indisposto a scendere a compromessi con Vladimir Putin, bollato come assassino. La conferenza stampa si è chiusa dopo 20 minuti, conclusasi con la cacciata del presidente ucraino dalla Casa Bianca.
“Questo ragazzo non vuole che ci sia la pace finché avrà il sostegno dell’America e l’Europa”, ha detto Trump, commentando le dichiarazioni del leader ucraino dopo il vertice di Londra. Il leader ucraino, da parte sua, ha ribadito che “un accordo per porre fine alla guerra è ancora molto, molto lontano”, sconfessando la fattibilità dei piani del tycoon per una trattativa imminente con Putin. Zelensky ha anche rivendicato di essere pronto a dimettersi solo “in cambio dell’adesione dell’Ucraina alla Nato”.
La strategia del tycoon, volta a evitare una rotta di collisione con un terzo conflitto mondiale, sembra l’unica opzione possibile per sottrarsi da una situazione catastrofica sul campo di battaglia che vede i russi in notevole vantaggio. A questo proposito, Il segretario generale della NATO, Mark Rutte, ha ammesso recentemente l’impossibilità da parte di Kiev di negoziare da una posizione di forza, evidenziando che la Russia, in tre mesi, sta producendo gli armamenti sfornati da tutta la NATO in un anno.
Tuttavia, Zelensky e i suoi alleati democratici sembrano intenzionati a prolungare il conflitto, fino ad un possibile scontro diretto tra Stati Uniti e Russia. Una possibilità evocata dallo stesso consigliere del capo dell'ufficio presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak, a dichiarare giorni fa che Kiev vorrebbe provocare un conflitto militare diretto tra Stati Uniti e Russia. “Ciò sarà vantaggioso per l'Ucraina”, aveva osservato il funzionario.
L’Europa si riarma per prolungare il conflitto
Il recente vertice di Londra ha sancito l’unione delle democrazie europee nella dottrina del riarmo come priorità assoluta. La bozza conclusiva del Consiglio Ue punta a stilare un piano per incrementare la produzione bellica e lo sviluppo della Difesa europea, condizionandoli all’incrollabile sostegno della causa ucraina. Il documento, di cui alcuni estratti sono stati pubblicati dal Fatto Quotidiano, sostiene la richiesta di reindirizzare fondi originariamente destinati ad altre voci di bilancio verso investimenti nel settore militare. In altre parole, si propone di destinare una parte delle risorse finanziarie europee, attualmente allocate per sostenere la crescita economica, l’occupazione e lo sviluppo delle regioni degli Stati membri, all’acquisto di armamenti e al potenziamento delle capacità militari.
Il testo, ancora in bozza, dovrà essere discusso e approvato dai capi di Stato e di governo dell’Unione Europea durante il prossimo vertice previsto per il 6 marzo. Tutti gli investimenti sul futuro del continente saranno dunque indirizzati verso la guerra. Clamoroso, in questo senso, è l’utilizzo che si propone di fare dei fondi strutturali, tradizionalmente destinati a ridurre le disparità economiche e sociali tra le regioni europee. Tra questi fondi rientrano il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo sociale europeo Plus (FSE+), i Fondi di coesione, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMP). Queste risorse, gestite tra gli altri dal commissario italiano Raffaele Fitto, verranno ora destinate al riarmo per la guerra totale.
Kiev diventa così uno strumento per dirottare gli investimenti dallo stato sociale all’industria delle armi, usando il popolo ucraino come carne da macello. A Londra, tuttavia, non si è trovata un’intesa sulle modalità di sostegno a Kiev per garantire al Paese una posizione di forza ai negoziati. Il piano anglo-francese prevede che Ue, Usa e Ucraina elaborino un piano di pace congiunto da presentare anche alla Russia, con i Paesi europei che metterebbero a disposizione 30mila soldati come contingente di pace in Ucraina. Tuttavia, questa proposta ha incontrato resistenze da parte di alcuni membri degli alleati, tra cui l’Italia. La premier Giorgia Meloni ha espresso perplessità sull’utilizzo delle truppe europee, affermando che “la presenza di truppe italiane in Ucraina non è mai stata all’ordine del giorno”. Sul piano del riarmo, invece, nessun tentennamento: è già in cantiere il progetto di riconvertire parte dell'industria automobilistica, ormai in grave crisi, verso la produzione di componentistica per la Difesa.
L’Europa si sta dunque preparando a investimenti colossali nel settore militare. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha chiarito che intende proporre agli Stati membri di sospendere i vincoli del Patto di stabilità e di crescita per le spese relative alla difesa. La Germania potrebbe stanziare 200 miliardi di dollari, il Regno Unito il 2,5% del proprio Pil in tre anni e la Polonia ha già messo a disposizione il 4,7%. Questo riarmo europeo, tuttavia, avvantaggia soprattutto l’industria militare statunitense. Tra il 2022 e il 2023, il 63% degli acquisti di armi da parte dei Paesi europei è andato a fornitori da oltreoceano, mentre solo il 20% è rimasto all’interno dell’UE. “Accogliamo con favore il fatto che gli europei assumano l'iniziativa per la sicurezza europea. Devono investire nella capacità di farlo", ha dichiarato il consigliere della sicurezza nazionale Mike Waltz.